Al regime generale della incedibilità dei crediti fiscali imposto a partire dal 17.02.2023 dal d. l. 11/2023 fanno eccezione alcune ipotesi nelle quali è ancora possibile procedere alla cessione del credito fiscale derivante dagli interventi sul patrimonio edilizio.
In particolare in ipotesi di interventi di efficientamento edilizio e sismico mediante demolizione e ricostruzione degli edifici che danno diritto a bonus fiscale così come previsto dall’art. 16-bis, comma 3 TUIR o ai sensi dell’articolo 16, comma 1-septies d. l. 4 giugno 2013, n. 63, convertito, con modificazioni, dalla l. 3 agosto 2013, n. 90, la cessione del credito é ancora possibile qualora alla data delll’entrata in vigore del d.l. 11/2023 risulti regolarmente registrato il contratto preliminare ovvero stipulato il contratto definitivo di compravendita dell’immobile nel caso di acquisto di unità immobiliari ai sensi dell’articolo 16-bis, comma 3 TUIR o ai sensi dell’articolo 16, comma 1-septies d. l. 4 giugno 2013, n. 63, convertito, con modificazioni, dalla l. 3 agosto 2013, n. 90.
Con riferimento a tale previsione si evidenziano enormi difficoltà interpretative in quanto nella prassi si verifica spesso che il costruttore che abbia già avviato i lavori e si trovi in fase di loro ultimazione, sapendo che di lì a poco gli stessi saranno completati e si potrà rogitare, eviti di registrare il contratto preliminare anche per evitare di sostenere le spese dirette ed indirette (si pensi alla prestazione della fidejussione per eventuali acconti percepiti) connesse a detto adempimento.
E ciò anche in considerazione del fatto che se l’immobile è prossimo alla sua ultimazione, risulta pacifico che è stato antecedentemente richiesto e rilasciato il titolo edilizio per eseguire l’intervento che dà origine al credito d’imposta.
La circostanza, quindi, che il preliminare sia o meno registrato fa la differenza in ordine alla possibilità di monetizzare il credito fiscale da parte del contruttore, scontandolo dal prezzo pagato dall’acquirente.
Occorre, allora, comprendere cosa si debba intendere con la locuzione “regolarmente registrato il contratto preliminare”.
Infatti la norma fa riferimento alla registrazione del contratto preliminare senza specificare se tale formalità sia riferita ad un adempimento formale (la registrazione appunto) ovvero all’effetto che la registrazione realizza nel nostro ordinamento cioé la datazione certa dell’atto.
Nello spirito della norma appare evidente che il legislatore abbia voluto fissare una dead line oltre la quale non sia più possibile la cessione del credito e, in tal senso, la registrazione dovrebbe essere richiesta non come requisito formale ma con lo scopo di fornire all’atto fatto da privati la data certa.
Ebbene laddove l’interpretazione corretta dovesse essere questa al fine di rendere possibile la cessione basterebbe che il contratto preliminare presenti una data certa anteriore al 17 febbraio 2023, indipendentemente dalla sua registrazione.
La giurisprudenza di legittimità consente, ad esempio, di ritenere certa la data della scrittura privata non autenticata nel caso in cui la scrittura formi un corpo unico con il foglio sul quale è impresso il timbro postale (cfr. da ultimo Cass. 6 luglio 2020 n. 13929).
E ciò perché la stessa giurisprudenza di legittimità ritiene che l’art. 2704 c.c. non contenga un’elencazione tassativa dei fatti in base ai quali la data di una scrittura privata non autenticata deve ritenersi certa rispetto ai terzi, lasciando al giudice la possibilità di valutare, caso per caso, la sussistenza di un fatto, diverso dalla registrazione, idoneo, a dimostrare la data certa, potendosi ricorrere anche alla prova per testi o per presunzioni (Cass. 12 dettembre 2016 n. 17926).
Se, invece, si dovesse aderire all’interpretazione più restrittiva e, quindi, escludere dalla possibilità della cessione del credito tutte le ipotesi in cui il preliminare non risulti formalmente registrato, si presenterebbe un ulteriore problema interpretativo.
La norma tributaria, infatti, consente di effettuare la registrazione entro trenta giorni dalla stipula dell’atto senza che vengano applicate sanzioni.
Considerato che il d.l. 11/2023 si è abbattuto sugli interpreti come un fulmine a ciel sereno, laddove si dovesse ritenere che l’adempimento formale della registrazione sia indispensabile per accedere alla cessione del credito, si dovrebbe considerare tempestiva a tale effetto anche la registrazione effettuata nel termine di legge.
E se la mancanza della registrazione può sembrare di poco conto per le scritture private non autenticate per le quali la registrazione é requisito – salvo quanto sopra considerato – per l’attribuzione della data certa, certamente fa la differenza per le scritture private autenticate per le quali il notaio attesta che nella data indicata nell’atto le parti lo hanno sottoscritto, autenticandone le sottoscrizioni – tra l’altro annotando l’atto nel suo repertorio e attribuendogli il relativo numero -.
In tale ipotesi, quindi, la registrazione non sarebbe necessaria per attribuire all’atto la data certa, proprio perché la scrittura é autenticata.
A ciò si aggiunga che il notaio , nella sua discrezionalità, può decidere di effettuare la registrazione sfruttando tutto il termine di trenta giorni a sua disposizione e, aderendo alla interpretazione più restrittiva, gli incolpevoli contraenti subirebbero gli effetti negativi di una facoltà concessa al notaio – che, quindi, non sarebbe neppure responsabile per il fatto di non avere tempestivamentre registrato la scrittura – pur avendo regolarmente stipulato una scrittura privata autenticata.
Tali aspetti, anche per la rilevanza degli interessi in gioco, necessitano di un intervento chiarificatore in sede di conversione del decreto legge.