Superbonus, cronaca di una morte annunciata #2

Gli effetti disastrosi della nuova classificazione della spesa pubblica introdotta da Eurostat sul meccanismo della cessione del credito

Le ragioni del blocco della circolazione dei crediti fiscali – che é intervenuto dopo neppure due mesi dalla legge di Bilancio per il 2023 che aveva confermato il superbonus sebbene con la detrazione ridotta al 90% anche per le spese sostenute nel corrente anno – sono diverse da quelle che hanno motivato i provvedimenti che finora hanno interessato a partire dal novembre 2021 la cessione dei crediti fiscali.

A fare la differenza é intervenuta la diversa valutazione da parte dell’Unione Europea della contabilizzazione dei crediti di imposta nell’ambito dei criteri ai quali gli Stati membri si devono adeguare.

In data 1° febbraio 2023, infatti, é stato pubblicato l’aggiornamento al 2022 del “Manual on Government Deficit and Debt– Implementation of ESA 2010”, che introduce nuove regole in materia di contabilizzazione del debito pubblico.

In primo luogo il manuale distingue i crediti di imposta in “non pagabili” e “pagabili”: i primi sono quelli che sono limitati all’importo del debito tributario: ne consegue che laddove l’importo del credito eccedente il debito del contribuente non potrà essere riscosso, si dovrà considerare perso (cfr. Manual on Government Deficit and Debt, cit. cap. 2.2.2.4.2 § 26 lett. a).

I crediti di imposta pagabili, invece sono quelli in cui l’intero importo del credito d’imposta viene comunque corrisposto al beneficiario, anche quando il debito del contribuente è inferiore al credito maturato.

In tale caso i crediti d’imposta pagabili sono quindi passività pubbliche e rappresentano un obbligo attuale per il governo (cfr. Manual on Government Deficit and Debt, cit. cap. 2.2.2.4.2 § 26 lett. b).

La differenza tra crediti d’imposta non pagabili e crediti d’imposta pagabili non é meramente terminologica in quanto produce effetti sulla determinazione della spesa pubblica: infatti i crediti d’imposta non pagabili devono essere registrati come riduzione del gettito fiscale, mentre i crediti d’imposta pagabili sono registrati come spesa pubblica e non produco riduzione sul gettito.

I crediti pagabili, quindi, incidono sul carico fiscale, entrate totali e spese totali, e sui loro corrispondenti rapporti con il PIL. 

La cessione del credito aumenta la possibilità che il credito d’imposta venga impiegato interamente in quanto consente di eliminare una serie di variabili legate all’incertezza che il credito fiscale venga impiegato in parte: infatti la cessione del credito può evitare che lo stesso vada perso in tutto o in parte nel caso in cui il creditore sia un contribuente fiscalmente poco capiente, ovvero sia un soggetto non contribuente o che abbia perso la propria capacità contributiva (si pensi ad una azienda fallita).

Tanto ciò é vero che in ipotesi di cessione del credito fiscale il citato Manuale precisa che la probabilità che il credito andrà perso è molto bassa e, quindi, lo stesso è da considerarsi come credito d’imposta pagabile (cfr. Manual on Government Deficit and Debt, cit. cap. 2.2.2.4.3 § 38).

Pertanto nel caso dei bonus edilizi – nei quali il credito di imposta viene riconosciuto in più anni – laddove sia prevista la sua cedibilità, si deve ritenere certa la possibilità che il credito sia riscosso – e quindi che il governo perderà le risorse corrispondenti all’intero importo del credito d’imposta – mentre l’unica incertezza è data dal momento in cui la perdita di risorse si materializzerà nel flusso di cassa.

Ebbene sotto tale aspetto interviene la modifica più rilevante introdotta con la nuova edizione del Manuale: infatti quando il credito di imposta è il mezzo attraverso il quale vengono forniti benefici, tali vantaggi devono essere registrati come spese quando maturati, come se fossero stati pagati in contanti.

In particolare nel caso di contributi agli investimenti erogati attraverso il credito d’imposta (come nel caso specifico dei benefici per abbattere i costi di efficienza energetica – espressamente menzionati al cap. 2.2.2.4.4 § 59 del citato Manuale -), la spesa pubblica deve essere rilevata quando si verifica l’investimento che dà diritto al credito d’imposta, tale per cui il credito d’imposta viene maturato in quel momento; e ciò potrebbe riguardare alcuni anni perché l’investimento potrebbe essere spalmato su più anni.

Ne consegue che sebbene il momento in cui il credito d’imposta è maturato potrebbe non essere coincidente con il momento in cui il credito d’imposta viene utilizzato, applicando la citata regola l’impatto sull’accreditamento/indebitamento netto delle amministrazioni pubbliche a seguito di crediti d’imposta pagabili si verifica in un solo anno (l’anno in cui il credito viene guadagnato) invece di essere spalmato su più anni (cioé quelli in cui il credito d’imposta viene utilizzato) (cfr. cap. 2.2.2.4.4 § 61 del citato Manuale).

Questa nuova impostazione ha effeti “dirompenti” sulla finanza pubblica in quanto sebbene le minori entrate vengano, comunque, spalmate su più anni, la contabilizzazione della spesa eve essere fatta tutta nell’anno in cui il credito d’imposta viene maturato: in tale modo la spesa pubblica si impenna, anche se le finanze dello stato non ne vengono a risentire, con conseguente difficoltà nel rispettare lo scostamento di deficit consentito.

L’obbligo di contabilizzare in un solo anno – ovvero nell’anno in cui saranno realizzati i lavori che danno diritto alla detrazione fiscale – la spesa conseguente all’incentivo riconosciuto rende estremamente difficile che si possa nuovamente ricorrere alla cessione del credito in quanto proprio quest’ultimo istituto opera una netta distinzione tra crediti non pagabili e crediti pagabili, distinzione che, siccome visto, incide sulla modalità di registrazione della relativa spesa.